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lundi, 09 mai 2011

Il beato Giovanni Paolo II:la Messa, la confessione e la comunicazione

Testimonianza chiesta da un giornale polacco

Don Dominique Fabien Rimaz, Università della Santa Croce, Roma

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La comunicazione

Devo dire, in qualche modo, che Giovanni Paolo II è il mio padre. Ho fatto i miei primi passi nella fede durante l’anno mariano del 1987. Dopo il dono della fede, ho seguito il Papa alla TV o sui giornali. Ho potuto anche partecipare alla GMG di Cesztochowa nel 1991 come piccolo giornalista per una radio locale di Neuchâtel in Svizzera.

Le due cose cha faccio adesso sono venute tra la sue mediazione: prete e la comunicazione.

Bôle, paroisse de Colombier (Neuchâtel, Svizzera)

Facendo un pellegrinaggio con mia parrocchia di Colombier in 1988, ho sentito sulla Piazza San Pietro, proprio vendendolo come vero uomo, passando tutto bianco davanti a me nella papamobila, le prime mosse verso la possibilità del sacerdozio. Ho sentito: “prete, che bello. Forse un giorno”. Ma la strada non fu facile. Fu un lungo camino, fatto di sofferenza e di dubbi, fino all’ ingresso nel seminario nel 1994 a Friburgo.

Sua elezione

Il primo ricordo che ho di questo Papa è la sua elezione che ho vissuto con Radio Vaticana, con mia mamma. Appena lei ha sentito che era un Papa polacco, mia mamma ha fatto un grandissimo salto di gioia, molto alto ( io avevo solo 10 anni ) dicendo: “Un Papa polacco, fantastico!! La Russia e la Germania volevano distruggere questo paese e non sono riusciti”. Mi ha fatto una cosi grossa impressione, che ho sentito la potenza degli uomini grandi. Dopo, ho visto il Papa facendo il suo primo viaggio nella sua patria. Mia mamma ha detto, vedendo Giovanni Paolo II e Lech Walesa: “ ecco degli uomini, perché non hanno consentito di lasciarsi calpestare sulla loro coscienza”. Da questo momento, mia coscienza è diventata mia più grande amica. Facevo questa barzelletta a mia mamma: “tu ami solo due uomini nel mondo: il Papa e mio papa”.

Mia nonna pregava sempre il rosario con Radio Vaticana alle 20.40 ogni serra. Ma si addormentava sempre un po’prima, dunque chiedeva al suo angelo custode di svegliarla prima. E funzionava! Mi ricordo benissimo della musica di Radio Vaticana: “Christus vincit…”

In Svizzera

Quando Giovanni Paolo II è venuto in Svizzera nel giugno 1984, non volevo andare a vederlo. Ero l’unico cattolico della mia classe e non volevo che gli altri si burlassero di me. Per dichiararsi cattolico in un cantone protestante, ci vuole un po’ di coraggio. Ma mio padre mi ha chiesto di riflettere, ben 3 volte, con dolcezza. “Vedi, è storico. Non è spesso che viene un Papa da noi. Tu dovresti andare, che ne pensi … ? ”. E sono andato. Al ritorno dell’ incontro con 10 000 giovani, ho voluto ancora guardare alla TV. Ho sentito che diceva delle cose intelligente e vere. Ero anche gioioso nel pullman nel viaggio di ritorno. E vero che l’indomani ho detto che ero andato a vedere il Papa e c’era anche una ragazza che era andata. Eravamo comunque le due con delle famiglie praticante che andavano a messa ogni domenica.

Un giorno dopo Fatima

226890_1957830154823_1514840600_32143701_2258305_n.jpgQuando sono stato ordinato sacerdote per il Giubileo del 2000, le mie prime parole furono per Dio e la Madonna di Fatima che hanno salvato il Papa durante l’attentato del 13 maggio 1981. Sono diventato sacerdote il 14 maggio 2000, dopo la rivelazione del terzo segreto.

Fino alla sua morte, ho seguito con molta attenzione i suoi viaggi, la sua vita con i mezzi di comunicazione. Quando è morto, ero davanti alla TV. Ho pianto ma l’ho sentito quasi più vicino che mai. Non era più a Roma, ma accanto a me, come un protettore, come modello di prete comunicatore, e intercessore o inspiratore. Vado spesso alla sua tomba pregare il rosario, benché non sono sempre esaudito nelle mie preghiere. Ma per gli altri, per le famiglie, un malato, una intenzione o preoccupazione per gli altri, gli affido sempre tutto.

La Messa e la confessione

Guardare l’esempio di Giovanni Paolo mi aiuta sempre nel modo di vivere il dono del sacerdozio. Ad esempio, fu un prete che amava confessare. In Svizzera, la confessione è in molte parte, purtroppo, collettiva. Mia coscienza mi ha sempre guidato per non fare una sola ceremonia del genere. Dunque al ritorno della GMG di Roma nel 2000 ho deciso di aprire un’ora di confessione nel venerdì nella parrocchia. Questa ora esiste ancora nella parrocchia adesso, dunque era Dio a volerlo. Sembra poche cose, ma nella mia terra natale un’ ora costa molto, devi soffrire per aprirla. Negli Stati Uniti durante questo estate ho scoperto più in fondo la divina Misericordia. Suora Faustina mi ha aiutato ad entrare nel mistero del perdono, della Misericordia, che è il limite che Dio ha posto al male come l’ha detto Karol Wojtilà.

L'energia della sua preghiera

Poi la messa. Ho potuto assistere alla Messa privata del Papa nella sua cappella. Viveva la Messa! Mi sono sentito dentro una centrale nucleare, ma con una energia che non ti fa male per niente. Il suo segretario Don Dziwisz ha cantato il canto di Radio Vaticana “Christus Vincit” quando ha vestito la casula a Giovanni Paolo II per la Messa. Mia cara nona era lì, invisibilmente, con Maria Santissima. A Berna, per il viaggio in Svizzera nel 2004, ero vicinissimo all’altare come aiuto per la cerimonia. Ho visto come viveva la Messa, con miei occhi. Questa immagine mi è entrata nell’ intimo della mia anima. E una sfida per celebrare bene la Messa

beato-giovanni-paolo-ii-2.jpgTre cose

Cosi posso dire che: la Messa, la Confessione (cose essenziale come prete) e la comunicazione del Vangelo, cioè la Verità, sia alla Messa o in mezzo alla gente ed anche nei media (che è una cosa diversa), sono le tre cose che mi procurano le più grande gioie come prete. E queste tre cose le ho imparate vedendo il beato Karol Wojtilà, mio padre.

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